Th

Con il termine BES (Bisogni Educativi Speciali), definizione squisitamente pedagogica e non clinica, la Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 fa rientrare tutte le condizioni di difficoltà degli alunni, comprese quelle certificate dalla Legge 104/1992, le disabilità, e quelle in base alla Legge 170/2010, i DSA, cioè i Disturbi Specifici di Apprendimento: a queste due categorie, vengono cioè affiancati tutti quegli stati di “altri” Disturbi evolutivi specifici (come l’ADHD, i disturbi della coordinazione motoria, il funzionamento intellettivo limite…), ed infine le situazioni che includono disagi socio-economici, linguistici e culturali.

Le procedure d’inclusione per l’area disabilità sono esplicitate nella Legge 104/1992, che prevede la redazione del Piano Educativo Individualizzato.

La redazione del Piano Didattico Personalizzato, a livello pratico, segue invece un doppio binario: da un lato, quello previsto dalla Legge 170/2010 per gli alunni DSA, dall’altro, quello previsto per tutti gli altri BES e regolato dalla C.M. n. 8 del 6/03/2013, che prevede l’opportunità, e dunque non l’obbligatorietà, del PDP di un alunno da parte del team docente.

Analizziamo ora nel dettaglio le tre parole che concretamente compongono un PDP:

-PIANO: il primo termine indica chiaramente la pianificazione dell’intervento didattico, evitando qualsiasi improvvisazione. Un piano, si articola in una serie di elementi, quali gli obiettivi da raggiungere, formalizzati in termini operativi e specifici; i tempi entro cui si pensa di conseguire i risultati progettati; i passi lungo cui sviluppare il percorso; i materiali e le strategie utilizzate per concretizzare gli step del piano; i criteri in base ai quali verificare l’efficacia degli interventi.

-DIDATTICO: il piano è “didattico” e si deve declinare su un doppio livello, quello dei contenuti (discipline, abilità strumentali, saperi) e quello delle metodologie (lezioni frontali, apprendimento cooperativo, adattamento dei materiali). Nello stesso tempo, non si devono dimenticare le dimensioni trasversali, come la motivazione e la socialità, che supportano i processi di apprendimento dello studente.

-PERSONALIZZATO: il piano deve essere “ritagliato” sulle esigenze educative e sul profilo funzionale dell’allievo, considerato all’interno dello specifico contesto “classe” in cui si trova ad apprendere. Si tratta di individuare il percorso più adeguato per lo studente, tenendo in considerazione sia i suoi punti di forza che i suoi punti di debolezza, oltre le opportunità, i supporti e gli ostacoli abitualmente presenti nel lavoro quotidiano in classe.

Il Piano Didattico Personalizzato, diventa lo strumento che può aiutare la personalizzazione e l’individualizzazione didattica, estendendo gli ambiti del suo utilizzo con diverse funzioni: guidare l’azione didattica degli insegnanti, monitorare i progressi compiuti dagli studenti, condividere procedure, adattamenti ed interventi in modo responsabile con altri attori, definire strategie e criteri per verificare i progressi compiuti. Uno strumento flessibile, da non considerare come l’ennesimo atto burocratico né un documento di tipo diagnostico, dove vengano definiti i livelli organizzativi (i tempi, gli spazi, la scansione delle materie), il livello didattico (i materiali, gli stili di apprendimento, gli stili di insegnamento), il livello educativo (le relazioni, gli ambienti formali ed informali). Uno strumento flessibile ed adattabile condividendo il percorso di personalizzazione da parte degli insegnanti della classe, consultato frequentemente ed utilizzato durante tutto l’anno, non compilato e poi riposto dimenticato nel cassetto.

Il PDP, compilato dagli insegnanti, deve essere firmato dagli stessi, dal Dirigente Scolastico e dai genitori: la firma di questi ultimi, lungi dall’essere considerata un semplice atto formale, ma una vera e propria condivisione del Piano, attraverso uno o più incontri se necessario, durante i quali vengono discussi gli obiettivi educativi, didattici, le strategie, gli adattamenti. I genitori dovranno partecipare attivamente alla realizzazione del percorso proposto, attraverso una serie di impegni condivisi tra famiglia e scuola, per esempio, l’assistenza dei compiti per casa. Naturalmente, il tipo e la quantità di impegni condivisi con la famiglia dovranno essere valutati con attenzione, in base alle reali capacità educanti dei familiari, poiché, in caso contrario, il rischio è quello di incrementare lo stress genitoriale e la conflittualità con la scuola, con inevitabili ripercussioni sul percorso in atto.

In linea generale, per capire se il Piano Didattico Personalizzato risponde ai suggerimenti metodologici proposti per realizzare un vero strumento di flessibilità didattica, può essere utile una checklist di verifica:

-PIANO: sono definiti chiaramente gli obiettivi sul piano degli apprendimenti e delle relazioni? Sono articolati i passi del percorso? Sono definiti i tempi di raggiungimento dei traguardi intermedi e di quelli finali? Sono descritte le strategie utilizzate (strumenti compensativi e dispensativi)? Sono esplicitati i criteri di verifica degli obiettivi?

-DIDATTICO: vengono esplicitati obiettivi ed interventi a livello delle singole discipline? Vengono esplicitati obiettivi ed interventi a livello di abilità strumentali (lettura, scrittura, calcolo)? Vengono esplicitati obiettivi ed interventi a livello di abilità trasversali e sociali (metodo di studio, motivazione)? Vengono individuate le metodologie utilizzate (cooperative learning, LIM)? Vengono descritti gli adattamenti negli spazi, nei tempi, nei materiali e nelle procedure didattiche?

-PERSONALIZZATO: vengono analizzate con attenzione le criticità e le debolezze mostrate dall’allievo? Vengono evidenziati i punti di forza e le abilità dell’allievo? Viene considerato lo stile di apprendimento del singolo allievo? Vengono considerate le opportunità già presenti nel contesto classe? Vengono considerati i possibili ostacoli già presenti nel contesto classe?

Con la normativa sui Bisogni Educativi Speciali, che integra quanto già previsto dalla Legge 170/2010 sui DSA, il Piano Didattico Personalizzato diventa l’architrave dei processi educativi rivolti agli alunni con le più diverse difficoltà: da questa impostazione derivano oneri non indifferenti, dove la scuola viene chiamata a riappropriarsi del proprio ruolo nel definire i bisogni di personalizzazione.

 

 

This Post Has One Comment
  1. Introduzione PDP e l’acronimo di PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO e si tratta di un documento che garantisce agli alunni con Disturbi Specifici dell Apprendimento e con Bisogni Educativi Speciali l’opportunita di una didattica il piu possibile funzionale al logo modo di apprendere, e necessario quindi instaurare una comunicazione efficiente tra specialisti, scuola e famiglia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *