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Salve caro diario e buongiorno a tutti voi, amici lettori. Ho deciso di rendere pubbliche queste pagine per raccontare la mia storia.

Mi presento brevemente: mi chiamo Linda, ho undici anni e frequento la classe prima media. Abito con i miei genitori in un grande palazzo, alle porte di Milano. Sono un tipetto solare ed energico, vado volentieri a scuola, ho molti amici con i quali condivido numerosi interessi, come ascoltare musica, pattinare, fare passeggiate e collezionare adesivi dei cantanti preferiti.

Voglio presentarvi il mio migliore amico: si chiama Carlo e ha dieci anni. E’ un ragazzino molto dolce, un po’ timido, con due bellissimi occhi azzurri nascosti dietro un grande paio di occhiali. Lo scorso anno, su indicazione del dentista, ha inserito un apparecchio ai denti, con tanto di scure placchette.

Fino a pochi mesi fa, abitavamo nello stesso palazzo. Trascorrevamo interi pomeriggi a parlare e a confidarci segreti.

Con il passare del tempo, ho visto Carlo farsi sempre più triste, senza più voglia né di andare a scuola, né di studiare. Mi aveva confidato di essere diventato la “mira preferita” di un gruppo di bulletti che stavano nella sua classe. All’inizio, Carlo non faceva molto caso a loro, ma con il percorrere dei giorni la faccenda era divenuta insopportabile. Lo chiamavano “quattrocchi” e “denti di ferro”, per via degli occhiali e dell’apparecchio che portava.

Aggiungo che ciò fosse principalmente dovuto alla sua timidezza, al suo andamento un po’ goffo (anche se io lo trovavo irresistibile!).

I compagni trovavano cento occasioni per schernirlo: prima di entrare in classe, durante la ricreazione, ai giardinetti della scuola.

I suoi genitori, molto preoccupati, si recarono immediatamente a colloquio con i docenti, i quali, a detta di Carlo, minimizzarono l’accaduto.

Frequentavamo due istituti diversi, se avessi potuto sarei andata io a scuola per prendere a schiaffi quei mocciosi insolenti, pure se sono una ragazza!

Poi un giorno, la doccia fredda: il mio caro amico, in accordo con la famiglia, si sarebbe trasferito lontano da qui, complice il cambio di sede lavorativa del padre.

Da allora sono passati un paio di mesi: non l’ho più rivisto, anche se ogni settimana ci sentiamo telefonicamente. Ho sentito Carlo più felice e sereno, mi ha detto che nella nuova scuola si trova molto bene; inoltre, ha esclamato con sollievo che nella classe nessuno fa caso al suo “sguardo da talpa” e ai suoi “denti di ferro”, poiché la maggior parte dei compagni porta gli occhiali e l’apparecchio!

Sono sicura che crescendo, Carlo diventerà un bellissimo ragazzo: quei grandi occhiali lasceranno il posto a lenti a contatto e i suoi occhioni azzurri finalmente brilleranno, mentre l’apparecchio sparirà e si vedrà solo una fila di denti dritti e bianchissimi.

Ora aspetto con ansia le vacanze estive: insieme ai miei genitori andremo finalmente a fargli visita.

Sono contenta che la vicenda sia evoluta in modo positivo, ma trovo tutto questo assurdo e senza significato.

Ho deciso di rendere pubblica questa storia per far comprendere a tutti i ragazzi quanto sia inutile, stupido e dannoso il fenomeno del bullismo, di quanto possa creare malessere ed allontanare, purtroppo, le persone alle quali si vuole bene.

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